"Ma non era il simbolo una delle parole tabù del movimento moderno?"

"A noi non interessano i monumenti", Frank Llyod Wright"

Il movimento moderno nell'architettura, periodo collocato tra le due guerre mondiali, vede l'architettura parte della società che si trasforma insieme al territorio e alla natura. In quegli anni infatti, i problemi principali della società, una società industriale, erano molteplici. Riguardavano le nuove scoperte costruttive, attraverso le quali sperimentare ed utilizzare i nuovi materiali, la progettazione dello spazio urbano e la pianificazione del territorio, nuovi criteri di funzionalità e concetti estetici. Non c'era più l'interesse, o se si potrebbe dire, la necessità, di realizzare grandi monumenti che rappresentassero il potere di uno Stato, la sua autorità, la supremazia rispetto agli altri Paesi. La monumentalità era quindi legata al singolo.                         

Nel movimento moderno invece, la necessità più impellente era quella di essere estremamente logici e pragmatici. Sembra dunque, che con l'inizio del movimento moderno, non troveremo più le parole monumento e simbolo. Ormai i tempi erano cambiati, si era in un'altra epoca, ed il solo sfiorare i temi della rappresentatività e monumentalità avrebbe comportato un repentino arretramento.

Nel 1956 Jørn Utzon progetta Sydney Opera House, ed ha il coraggio di fare, di questo, il simbolo della città. Quest'opera sembra però essere in contrapposizione con i principi del movimento moderno e con quanto appena detto.   

Il nodo secondo me fondamentale in questo discorso, è rappresentato proprio dal suo interessamento all'uomo e alla collettività. Se prima un monumento era il simbolo di pochi, adesso questo diventa simbolo degli uomini, dei cittadini di Sydney e di tutta l'Australia. Limitare i confini all'Australia non renderebbe giustizia all'opera di Utzon: è un monumento in cui anche i viaggiatori possono riconoscersi, il messaggio quindi, ingloba tutto il mondo. Forse è il primo segnale di un cambiamento nell'architettura moderna. Si torna a parlare di simboli e di monumentalità ma in chiave del tutto diversa: una monumentalità collettiva. Attraverso l'articolazione dei corpi, che creano nuovi percorsi e spazi collettivi, è permesso a tutti di vivere questo edificio. La possibilità di coniugare esigenze di persone diverse per età, sesso e classi sociali è proprio il punto di forza di questa nuova concezione di architettura. Questo concetto viene compreso pienamente da Frank Gehry, che quasi quaranta anni dopo realizza il Guggenheim Museum a Bilbao. Anche questo edificio viene progettato secondo gli stessi principi anticipati da Utzon.

L'evoluzione dal "monumentalismo individuale" a quello "collettivo": La centralità della comunicazione

Attraverso questa interpretazione, viene dunque restituita all'architettura la possibilità di esprimersi in chiave monumentale. In questa nuova fase ci rendiamo conto di quanto sia fondamentale la comunicazione: intesa come mezzo attraverso il quale arrivare alla collettività. La comunicazione diventa quindi il fulcro delle ricerche dei nuovi architetti. Se l'architetto non riesce a far arrivare l'opera e ad entusiasmare le persone che andranno a visitarla e quindi viverla, questa risulterebbe un fallimento. Si comunica attraverso figure, date dalle geometrie e dai percorsi, dalle emozioni che queste suscitano. Risulta necessario, per creare tutto questo organismo, partire da una profonda conoscenza del territorio, in tutti i suoi aspetti, dalle problematiche ai punti di forza. Creando architetture strettamente legate al territorio, queste non potranno che essere assorbite dalla collettività e andarne a costituire il simbolo stesso, implementando e fortificandone il senso identitario. 


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Music Venue Spotlight: Sydney Opera House

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